Contatti
Via Lino Liuti, n. 2 Scala B - 61122 Pesaro (PU)
Via Taranto, n. 39 - 73100 Lecce (LE)
Tel. +39 0721 24657
Cell. +39 370 3703281
E-mail info@gucapital.it
24 gennaio 2018
Dimenticate i Bitcoin, la realtà virtuale e robot: oggi l’investimento più prezioso e ad alto rendimento è la formazione.
Non è certo una novità per Warren Buffett, che ha investito l’80% del suo tempo in lettura e riflessione, per Barack Obama che ha sempre dedicato almeno un’ora al giorno allo studio e per Bill Gates che per tutta la sua carriera ha letto almeno un libro a settimana.
Ma in un periodo storico caratterizzato da una rapida demonetizzazione e dalla temutissima ‘rivoluzione robotica’, la conoscenza è oggi la moneta di scambio più forte in questo momento. E tutti se ne dovrebbero preoccupare. Lo assicura un’analisi di Quartz, secondo cui “trascorriamo la maggior parte del tempo ad accumulare denaro, spendere soldi e a preoccuparci delle nostre finanze, sostenendo di non avere tempo per imparare qualcosa di nuovo. Ma ciò che sta accadendo è un profondo cambiamento nel rapporto tra denaro e conoscenza”.
Parte di questo cambiamento è dovuto a quello che Peter Diamandis, ingegnere, medico e imprenditore statunitense, definisce “demonetizzazione rapida” durante la quale le nuove tecnologie stanno “rendendo molto più a buon mercato - o addirittura gratis - prodotti ed esperienze una volta costose”. REB Images / Image Source E’ questo ad esempio il caso delle auto a guida autonoma che potranno eliminare una delle più pesanti voci di spesa: l’auto. E’ così anche per “la realtà virtuale che farà crollare i prezzi dei biglietti dei concerti. E per finire, l’intelligenza artificiale darà un contributo importante alla ricerca medica tagliando i costi della spesa e orientando la sanità verso la prevenzione più che verso la cura”.
In questo quadro socio-economico, spiega Quartz, coloro che si dedicano anche in modo totalizzante alla carriera ma non trovano il tempo di imparare nuove cose costruiscono il nuovo “gruppo a rischio”. Quale? Quello di rimanere sul fondo della piramide della competizione globale e di vedere volare via il loro posto di lavoro. Proprio come è accaduto a colletti blu nel decennio 2000-2010 quando l’85% dei posti di lavoro nel settore manifatturiero è stato occupato dai robot.
Queste persone vengono ‘spremute’ di più e pagate meno, mentre coloro che occupano il vertice della scala hanno maggiori opportunità e ricevono una retribuzione più alta della precedente. Il problema - osserva il sito - non è dovuto alla mancanza di occupazione, ma di lavoratori con le competenze giuste per riempire quei posti di lavoro rimasti vacanti o nati da poco secondo le nuove necessità del mondo del lavoro. A questo punto “è chiaro come la conoscenza e la formazione stiano diventando un’importante valuta”. In altre parole, “la formazione è il nuovo denaro. Come i soldi, funge da oggetto di scambio, ma diversamente dal denaro non perde mai valore. E può essere convertito in molte cose, tra cui un alto livello di benessere”. Chi investe sulle proprie competenze raggiunge in fretta gli obiettivi, estende il proprio vocabolario, e riesce a vivere più esistenze nell’arco temporale di una sola vita.
“Non essere pigro, non cercare scuse, semplicemente fallo”, osserva Quartz. “Nessuno di noi può permettersi di non imparare. La formazione non è più un lusso, è una necessità.
Per alcune categorie - medici, giornalisti, avvocati, dottori commercialisti - la formazione professionale continua è obbligatoria. Per altri no. Secondo gli ultimi dati Istat, relativi al 2015, il 60,2% delle imprese attive in Italia con almeno 10 addetti ha svolto attività di formazione professionale (+5% rispetto al 2010). L'andamento positivo è determinato dall'incremento di aziende che hanno realizzato corsi di formazione nell'area ambiente-sicurezza sul lavoro, mentre per gli altri corsi la quota di imprese si è ridotta lievemente (dal 33,7% del 2010 al 32,3% nel 2015). Quasi 3 milioni e mezzo di lavoratori hanno partecipato a corsi di formazione (45,8% del totale degli addetti, di cui 47,8% uomini e 42,5% donne). Le grandi imprese (con 250 addetti ed oltre) sono le più attive nella formazione (90%) mentre per quelle più piccole si conferma, seppur con un parziale recupero rispetto al 2010, una minore propensione. La formazione è più diffusa nelle imprese del settore dei servizi finanziari (circa il 94% di imprese ha attivato programmi di formazione).
Sonia Montrella